sabato 26 aprile 2014

Pane in cassetta all'olio extravergine d'oliva


Da qualche settimana, dopo 2 tentativi falliti, credo di aver instaurato una relazione serena e stabile (e speriamo destinata al “lungo termine”) con il mio lievito madre.


La prima volta un caro collega me ne aveva regalato un pezzetto con tanto d’istruzioni per l’uso e numero verde per ogni problema, i suoi coinquilini sfornavano meraviglie (viste e mangiate) a tutta forza e sarebbero stati disposti e felici nell’aiutarmi con il mio nuovo animale domestico…ma da lì a poco è subentrata la mia seconda maternità che ha imposto la lievitazione di una sola madre: IO.

Così ho lasciato perdere visto che la botta di odore acido, ogni volta che cercavo di rinfrescarlo, stuzzicava fin troppo le mie nausee .

Senza lievito madre ho vissuto tranquilla e serena fino al 24 ottobre dello scorso anno, quando ne sono entrata in possesso per la seconda volta come omaggio alla partecipazione ad un corso di panificazione casalinga nella scuola degli alti cibi: Eataly.

Nelle settimane successive presa dall’entusiasmo sono addirittura riuscita a sfornare un cugino alla lontana del loro “RUSTIC” , prima o poi lo rifarò e posterò anche la ricetta visto che ce l’hanno data al corso originale, originale!

Poi però non c’è stata più la voglia…si è dissolto l’entusiamo…un viaggio a Milano e il buio.

Col passare dei mesi è ritornata un po’ di luce e i miei pasticci, giorno dopo giorno, hanno contribuito a riempirmi i pensieri e le giornate così qualche settimana fa sono andata nella mia fidata panetteria e ho chiesto del lievito madre….CHE NON MI HANNO DATO…perché loro mica lo dannooooooo !!!!( e chè ce l’avete solo voi???)

Ma vedi un po…io vado da loro quasi tutti i giorni della settimana e manco un pezzettino di massa che BUTTANO VIA QUOTIDIANAMENTE.

Ho chiesto ad un'altra panetteria il giorno stesso che la mia aveva deciso di perdere una cliente fissa e loro senza SE e senza MA me ne hanno regalato un bel pezzo. Me l’ha proprio dato un vecchietto dicendomi che il loro lievito aveva 70 anni e lo usava suo padre.

E lì è stato AMORE a prima vista!...tra me e questo lievito c’è proprio un gran feeling.Alla faccia dei suoi 70 anni lui è arzillissimo! Tu lo rinfreschi e lui ti ripaga subito senza indugi ed è AFFIDABILISSIMO!

Sulla ricetta c’è scritto 4 ore di lievitazione e lui lievita in 4 ore, c’è scritto 8 e lui in 8 ore è lì!

Con lui ho preparato pizze, colombe e volevo anche un morbido pane in cassetta per farci la colazione o uno spuntino e alla ricerca della ricetta giusta cosa ho scoperto??

Che il 90% dei blogger (che sono la mia grande ispirazione!!) lo ha cercato e preparato per lo stesso identico motivo per cui l’ho fatto io:

I BAMBINI ADORANO IL PAN BAULETTO!

Infatti i miei (specie il mio piccolo Attila Elia) lo mangerebbero a colazione, pranzo e cena e quello industriale - si sa - non è esattamente una botta di salute, così ho provato a preparare una delle tante ricette che ci sono in circolazione.

Questa l’ho presa dal blog dal DOLCE al SALATO di Lucia (che ne ha provati tantissimi!!!) e mi ha incuriosito perché una buona quantità di acqua è stata sostuita dagli albumi (che di acqua ne contengono il 90%) e dopo il “colombamento” io ne avevo decisamente in abbondanza . Il risultato è stato FANTASTICO, un pane morbidissimo e profumatissimo, ce lo siamo spazzolati in poche ore (anche qui qualche errore c’è stato, il pane in cassetta mica ha tutti quei buchi, vabbè siamo tecnici: alveoli! Avrebbe dovuto essere più compatto, ma era comunque buonissimo)


Ingredienti per uno stampo da plum cake classico

• 100 g PM rinfrescata

• 1 cucchiaino di malto (o miele)

• 350 g di farina totale (io ho usato la farina Garofalo W260)

• 100 g di albumi (sono 2 albumi e mezzo circa)

• 60 g di acqua

• 70 g di latte

• 1 cucchiaino di latte in polvere (facoltativo)

• 25 g di zucchero

• 5 g di sale

• 20 ml di olio extravergine d’oliva

Procedimento

Nella ciotola della planetaria spezzettare la PM rinfrescata da poche ore e scioglierla nei liquidi (latte e acqua) con il malto (o il miele), facendo fare una piccola schiumetta usando la foglia. Aggiungere il latte in polvere (se non lo avete, omettelo) e gli albumi. Impastare fino ad amalgamare bene il tutto. Aggiungere metà della farina gradualmente e lo zucchero ed amalgamare.

Ora cambiate la foglia e mettete il gancio. Aggiungete un altro po’ della farina ed il sale. Infine, unire il resto della farina ed incordare l’impasto.

Alla fine aggiungere l’olio a filo facendolo incorporare poco alla volta e far incordare finchè non otterremo una massa lucida, elastica ed omogenea. Mettere l’impasto in frigo a rassodare per un’ora (potete metterlo anche tutta la notte, per una migliore gestione delle tempistiche).

Una volta trascorso il tempo di riposo in frigo, tirare l’impasto fuori, rovesciarlo sulla spianatoia leggermente infarinata, fare un giro di pieghe a tre (quello ch si vede nel collage di foto in basso) e pirlare formando una palla. Coprire a campana e far riposare l’impasto per 30 minuti circa. Fare un altro giro di pieghe a tre, formare una palla col metodo della pirlatura ed adagiarla in una ciotola un po’ unta con olio, coprire con pellicola e far lievitare fino al raddoppio ci vorranno circa 4 ore e mezzo.


Fin qui ho praticamente copia/incollato quanto segnato nel blog di Lucia…poi io ho preferito dare al mio pane una forma classica e non la treccia (esteticamente molto carina) che propone lei, era già sera e ho voluto accorciare un po i tempi.


Dopo la prima lievitazione riprendere l’impasto e stenderlo fino a uno spessore di 5 millimetri cercando di dargli la stessa lunghezza del nostro stampo, arrotolarlo su se stesso cercando di lasciare meno aria possibile durante l’arrotolamento (io non l’ho fatto bene e il pane non ha la mollica fitta fitta che avrebbe dovuto) in modo tale da avere un cilindro che andremo ad adagiare nel nostro stampo avendo cura di mettere la chiusura sotto.

Coprirlo con pellicola e farlo lievitare fino a che raggiunga il bordo (ci possono volere diverse ore, dalle 4 alle 8, ma questo dipende molto dalla forza del nostro lievito). Io me lo sono letteralmente dimenticato nel forno spento verso le 23.00 di sera - il proposito era di metterlo fuori in veranda che col freschetto avrebbe lievitato lentamente fino al mattino dopo - invece alle 04.00 (LE QUATTTTRRRROOOO!!!!) mi sono svegliata di soprassalto pensando al mio pane comodamente al calduccio di casa (circa 20°) che era arrivato al bordo e oltre!!!

L’ho infornato allora!O_o

Infornare a 170° per 30/35 minuti.

Una volta cotto lo si lascia intiepidire per una decina di minuti e si sforma e lo si fa raffreddare per qualche ora su una gratella.

E’ morbidissimo quindi per tagliarlo l’ideale è un coltello seghettato da pane.

Pare che si conservi bene qualche giorno nei sacchetti di plastica ben chiusi. A noi non è durato così tanto :-)!



sabato 19 aprile 2014

La sfida della Pasqua 2007…sette anni dopo.
Se son colombe piaceranno…:-)



Nel 2007, sette anni fa per l’appunto…quando avevo un lavoro a tempo pieno, nessun pannolino da cambiare con relativo ometto sotto il metro sgambettante per casa, senza lievito madre e soprattutto SENZA UN IMPASTATORE  (ma sempre con tantissima voglia di pasticciare) ho affrontato una piccola sfida contro la mia inesperienza, contro la sfortuna del dilettante: HO IMPASTATO, FORMATO E SFORNATO le mie prime e uniche colombe fino ad allora e la prova la trovate qui.

A pensarci oggi mi domando come cavolo ci sia riuscita a incordare un impasto così “tenace” e “rischioso” a non perdermi nei vari passaggi azzeccando probabilmente anche i lunghi tempi di lievitazione, solo con le mie braccia e la buona volontà, riuscendo alla fine ad ottenere decisamente una “BUONA LA PRIMA!!”…è un mistero!

Adesso siamo nel 2014, da ottobre non ho più un lavoro e purtroppo non solo quello (haimè),  in questi ultimi anni però sono stata compensata dall’arrivo del mio primo bimbo che oggi ha 6 anni e del  secondo che sarà ancora per un pò portatore sano di pannolino, per non parlare poi del fatto che da novembre scorso ho finalmente un IMPASTATORE (cinesissimo, ma lo adoro!!)  desiderato quanto una normale donna di 37 anni desidererebbe un brillocco al dito, appeso al collo o legato a un polso e infine, dalla settimana passata, ho anche un lievito madre arzillissimo di 70anni…anziano più o meno quanto il panetterie che me lo ho donato!

Comunque, se la voglia non mi è mai passata, mi è ritornato solo ora  il desiderio di provarmi ancora una volta in una sfida tentata sette anni fa e  che in teoria, visto il trascorso esperimento ben riuscito, mi vedeva già vittoriosa – considerando l’esperienza maturata , i mezzi a disposizione e  la qualità degli ingredienti  sicuramente migliore del precedente tentativo – una sfida dal sicuro risultato…

Invece non è stato così semplice come prevedevo, perché per  preparare a regola d’arte questo tipo di lievitati bisogna avere una grande esperienza e tenere sott’occhio una quantità di fattori inimmaginabile per chi (come me) è abituato a impasti più semplici : bisogna non perdere mai l’incordatura dell’impasto durante il lavoro della macchina, durante l’inserimento metodico degli ingredienti , considerare la temperatura durante la lavorazione e durante i momenti di lievitazione e questi sono solo una piccola parte delle cose che determinano un buon risultato!

Io c’ho provato due volte, nella prima aver preso sotto gamba qualcuno dei fattori di cui scrivevo mi ha portato a questo risultato per me appena che sufficiente (anche se chi l’ha assaggiato l’ha trovato buono!):



Ma siccome sono una che le sfide le ama vincere…ho tentato una seconda volta e qui ho cercato di dare il meglio e si vede:



Adesso posso augurare a tutti una BUONA  PASQUA 2014 con:

Colomba a lievitazione naturale di Piergiorgio Giorilli.

Io adoro i grandi lievitati: pandoro, panettone, colombe, pinze, veneziane…amo tutto quello che è                 “briosciato” (passatemi il termine, so che si scrive brioche e si legge briosch :-)), adoro il profumo che questi impasti emanano anche solo durante la fase di lavorazione (per non parlare di cosa accade in casa e nel portone di casa quando sono nel forno!!!)… il solo staccarli dal gancio dell’impastatore per maneggiarli così burrosi, lucidi, elastici e setosi come sono...per me E’ UNA GODURIA!!!

Piergiorgio Giorilli è un gran Maestro ed è una grande fortuna poter accedere  ad una sua ricetta originale, per questo devo ringraziare gli autori - Claudio e Eva - di un blog bellissimo: FABLES de SUCRE.

Due grandi appassionati di lievitati che per mia fortuna fanno corsi anche nella mia provincia, sono bravissimi  e il loro blog è strepitoso!!!Qui la ricetta che Eva e Claudio consigliano di seguire minuziosamente fidandosi di loro e soprattutto delle dosi precise del maestro che io vi riporto con un “copia/incolla” per garantirne la fedeltà:

Primo impasto:
§           65 gr lievito naturale rinfrescato
§           230 gr Farina 00 350W – P/L 0,55
§           70 gr Burro
§           70 gr Zucchero semolato
§           115 gr Acqua
§           50 gr Tuorli

Secondo impasto:  
§           Tutto il primo impasto
§           60 gr Farina 00 300W – P/L 0,55
§           100 gr Burro
§           60 gr Zucchero
§           85 gr Tuorli
§           1 gr Malto d’orzo
§           3 gr Sale
§           175 gr Arancia candita a cubetti

Mix aromatico:               
§           15 gr Miele d’acacia
§           1 Bacca di vaniglia
§           1 Buccia d’arancia bio grattugiata
Il mix aromatico è bene prepararlo il giorno prima, poiché dovrà macerare per 24 ore. Grattugiate la buccia dell’arancio, miscelatela in una ciotolina con la polpa del baccello di vaniglia e il miele e coprite con pellicola, lasciate a temperatura ambiente fino al momento dell’utilizzo.
Glassa:
§           20 gr Mandorle dolci grezze
§           8 gr Armelline
§           15 gr Nocciole tostate
§           120 gr Zucchero semolato
§           7 gr Farina di mais
§           9 gr Fecola di patate
§           45 gr Albume

Macinare tutto finemente a secco: mandorle grezze, armelline, nocciole, zucchero, farina di mais e fecola con l’aiuto di un tritatutto. Aggiungere l’albume e miscelare bene a media velocità fino ad ottenere la giusta consistenza, dovrà essere abbastanza densa alzandola con il cucchiaio dovrà ricadere pesantemente. Preparare la glassa almeno 12 ore prima dell’utilizzo per garantire il rilassamento e quindi una perfetta aderenza al prodotto. Conservare in frigorifero. Se volete avvantaggiarvi preparando in anticipo una dose superiore di glassa, potete farlo tranquillamente, poiché in frigorifero si mantiene bene per una settimana e in freezer per lungo tempo. L’unica cosa che dovrete fare sarà macinare le polveri con un tritatutto e poi amalgamare gli albumi in planetaria con la foglia e dividerla, nel caso del freezer, in dosi da 200 gr abbondati. Lasciate scongelare la glassa a temperatura ambiente.
Per decorare: 
§           Mandorle grezze
§           Granella di zucchero
§           Zucchero a velo
La pasta madre va rinforzata in vista della colomba, avrà bisogno di essere al massimo della sua forza e in salute. Quindi è opportuno rinfrescarla spesso nei giorni precedenti, e il giorno in cui faremo il primo impasto fare tre rinfreschi consecutivi e magari un bagnetto ad inizio giornata. Farla sempre crescere al caldo, cioè 28°C coperta da pellicola, e controllare che raddoppi in 3 ore. Al termine di questa procedura, avremo il lievito pronto ed in forza per essere usato nella ricetta.
Una tabella orario per i rinfreschi preparatori potrebbe essere:
§           Ore 8:00
§           Ore 12:00
§           Ore 16:00
§           Ore 20:00 primo impasto
Fatte tutte queste doverose premesse, passiamo alla ricetta.
PROCEDIMENTO:
Riunire nella ciotola della planetaria la farina, la pasta madre spezzettata e l’acqua. Usate il gancio a uncino e fate partire la macchina per circa 10/15 minuti, quindi aggiungete lo zucchero e successivamente in più riprese il burro a pomata (andrà lasciato a temperatura ambiente per un paio d’ore prima dell’utilizzo, oppure ammorbidito a microonde).
Solo dopo che il burro sarà completamente amalgamato al composto, aggiungete anche i tuorli, emulsionati con una forchetta e sempre in più riprese. Fate attenzione a non lavorare troppo l’impasto, misurate la temperatura con il termometro e se vi accorgete di avvicinarvi ai 26° fermatevi, riponete l’impasto il freezer per 10 minuti prima di procedere, questo discorso vale anche nel secondo impasto. Impastate fino ad ottenere un composto liscio, setoso, omogeneo ed elastico. Questa operazione dovrà durare circa 25 minuti. Ribaltate l’impasto sul piano di lavoro, ricordatevi di staccarne un pezzetto che vi servirà come “spia di lievitazione” e pirlatelo con l’aiuto di un tarocco. 
Riponete il primo impasto in una ciotola ampia che dovrà contenere il triplo del volume e il pezzetto di impasto che useremo come “spia di lievitazione” lo andremmo ad inserire in un contenitore graduato per valutarne la crescita. Se non avete il contenitore graduato, usate un bicchiere con le pareti dritte e segnate il punto di partenza per capire esattamente quando avrà raggiunto il triplo (1+2), con un pennarello oppure un elastico.  
Coprirete entrambi i contenitori con pellicola, e riponeteli a lievitare cercando di avere una temperatura costante di circa 24/25°C. Se riusciamo ad avere una lievitazione stabile senza sbalzi di temperatura, il nostro impasto sarà pronto in circa 12 ore. Qualora, trascorso Il tempo l’impasto non risultasse pronto, attendere il completo sviluppo, in quanto anticipare i tempi significherebbe ottenere un prodotto finito con un alveolatura più chiusa allungandone anche i tempi delle lievitazioni successive.
Il mattino seguente, dopo che il primo impasto avrà triplicato il suo volume possiamo procedere. Vi consiglio mentre pesate tutti gli ingredienti di sgonfiare l’impasto lievitato e di riporlo in frigorifero per 30 minuti, in modo tale da abbassare la temperatura poiché partiamo da una temperatura della massa pari a 24/25°. Potete decidere di avvantaggiarvi raffreddando anche la ciotola e il gancio della planetaria. Inserite nella ciotola della planetaria il primo impasto, con la farina e il malto, fate partire a velocità minima e alzate successivamente e fate amalgamare bene il composto, circa 15 minuti. 
Quindi incorporate lentamente lo zucchero, e solo dopo il suo completo assorbimento, metà dei tuorli, il sale e gli aromi. Lavorate bene tutto fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. A questo punto aggiungete 75 gr di burro, amalgamate e poi aggiungete anche il resto dei tuorli. Impastare bene fino a raggiungere una consistenza elastica, quindi versare nell’impasto i restanti grammi di burro (25gr), precedentemente fuso a bagnomaria ma non caldo e l’arancio candito. 
Continuate ad impastare fino a che la frutta non si sia ben distribuita nel composto. Togliere l’impasto dalla macchina, riporlo in un contenitore e lasciarlo riposare 30 minuti coperto da pellicola al caldo, cioè circa 28/30°C. Dopo questo periodo, ribaltare la massa sul piano e lasciarla puntare all’aria per circa 40 minuti. Dopo di che, pesare la quantità necessaria a seconda dei pirottini a disposizione.  Nelle colombe glassate si usa mettere sempre un 10% in meno di peso rispetto alla taglia della forma per compensare il peso della glassa. 

Quindi per uno stampo da un kilo metteremo nel pirottino 900 gr di impasto. Ma la ricetta è per 1100 gr totali, perchè strada facendo si perde sempre qualcosa, e se non si abbonda si rischia di ritrovarci con peso insufficiente. Dopo aver pezzato, formare il panetto con il metodo della pirlatura, e lasciar puntare per altri 15 minuti. Poi procedere ad una nuova pirlatura, dividere con un tarocco a metà l’impasto, e facendo rotolare sul piano le due parti ottenute cerchiamo di allungarle e di chiudere il taglio fatto con il tarocco nel dividerle. Avremo così due “salami” che lasceremo riposare ancora qualche minuto, poi uno lo sistemeremo nello stampo (già posizionato su di una teglia) a forma di U a formare le ali, e l’altro messo a incrocio sul primo a formare la testa, il corpo e la coda. Riporre a lievitare, sempre coperto da pellicola, ad una temperatura di circa 28/30°C fino a quando l’impasto non avrà riempito tutti gli spazi, e sarà risalito almeno fino alla metà del bordo del pirottino.  Ci vorranno circa 4/6 ore. 

Quando è il momento, riscaldare il forno a 160°C statico, e lasciare all’aria la nostra colomba scoprendola per fargli formare una sottile pellicina in superficie. Poi con l’aiuto di un sac a poche o di una spatola, creare uno strato omogeneo di glassa sulla superficie, poi cospargere con le mandorle grezze, zucchero in granella, e spolverare di zucchero a velo. Infornare nel forno caldo tenendo conto dello sviluppo che la colomba avrà in cottura. Il nostro dolce è cotto quando raggiunge al cuore, cioè nel suo centro, la temperatura di 94°C. Ci vorranno circa 50/55 minuti per una colomba da chilo, e sarà necessario un termometro a sonda per misurare esattamente e senza possibilità di sbagliarsi la temperatura. 

Quando è cotta, sfornare, e infilzarla alla base con gli appositi ferri (o in mancanza un paio di ferri da lana) per poterla poi capovolgere e lasciarla così in questa posizione per almeno due ore. Trascorso questo periodo, è possibile girare la colomba e rimuovere i ferri, ma prima di confezionarla è necessario ancora aspettare almeno 10 ore di raffreddamento. 






confezionarla è necessario ancora aspettare almeno 10 ore di raffreddamento. 

mercoledì 9 aprile 2014

Crostata al limone meringueè e pure un po sbruciacchieé…





Con scadenze pluriennali mi viene la pulsione di riprendere il mio blog tra le mani e continuare la “missione” iniziata ben 7 anni fa…se fossi stata davvero costante a quest’ora mi sarei trovata con bel blog adulto e maturo con una valanga di post in più, dove attraverso ognuno di loro si sarebbe potuto vedere il percorso che in questi anni ho fatto, il PRIMA e il DOPO, cosa preparavo, come lo preparavo e con quali ingredienti lo preparavo 7 anni fa e cosa avrei invece postato negli ultimi mesi, perché se l’immagine è restata fissa per anni in prima pagina io ho continuato sulla mia strada…ho sempre sperimentato, studiato e a mio modo lavorato.

La mia passione per il cibo mi ha sempre accompagnata in questi anni, si è però meglio definita nella sua declinazione più dolce: la pasticceria.

Mai come in quest’ultimi mesi la pasticceria è stata però così presente nella mia vita…un po’ l’ha anche “salvata”, ha contribuito a ridarmi un “mondo mio” e un rifugio nel momento in cui il mondo vero, quello che tutti potevano vedere e toccare, stava tremando.

Per questo ho ripreso la macchina fotografica e ho deciso di farmi prendere probabilmente in giro da tutto il vicinato…perché si sa che se abiti al pian terreno…la luce migliore è all’esterno!...Ecco la pazza che fotografa la scarcella! 

Avevo proprio tanta voglia di ricominciare rendendo omaggio a quello che mi piace più fare: PASTICCIARE.

E comincio difatti proprio con un pasticcio, la mia adorata tarte au citron e fraisiers meringueè (…vabbè, tra le cose che si sono delineate in quest’ultimi anni c’è senz’altro l’amore per la pasticceria francese…ah, oui, l’amour pour le mignon e Paris ) dimenticata una frazione di secondo in più sotto il grill…proprio a compromettere un intero pomeriggio di fatica, MA SI PUO’??

Prossimo obbiettivo d’acquisto: un cannello!





Per la frolla:
200 gr di FARINA debole
50 gr di FECOLA di patate
125 gr di ZUCCHERO a velo
125 gr di BURRO morbido (o a pomata)
2 tuorli
1 pizzico di sale
1 punta di lievito istantaneo per dolci

Per il curd di limone (versione very light!!):
3 tuorli
120 gr di succo di limone
30 gr di burro
Zeste di 1 limone
Dai 100 gr ai 150 gr di zucchero (io ne ho usati 100 gr ed il risultato è stato un po aspro)
20 gr di maizena

Per la geleé di fragole
200 gr di fragole fresche
70 gr di zucchero
5 gr di gelatina in fogli

Per la meringa all’italiana:
2 albumi (tanto ne avanzano 3 dal curd e 2 dalla frolla…hai voglia far meringhe J)
35gr di acqua
100gr di zucchero semolato


Procedimento per la frolla:
Di procedimenti per fare una buona frolla ho scoperto che ce n’è più di uno (una volta “sabbiavo” le polveri con il burro gelido di frigo, ovvero sfregavo tra le mani farina e burro fino a quando quest’ultimo non fosse stato “assorbito” dalla farina che piano si trasformava in una sorta di pangrattato e poi ci aggiungevo le uova lavorando velocemente il composto con una spatola di metallo, per non surriscaldare l’impasto), in questo caso ho lavorato in planetaria con la foglia il burro appena morbido (se si è dimenticato di tirarlo in anticipo fuori dal frigo basterà prelevare la quantità che ci serve, metterla in una bustina gelo o in un po’ di pellicola e lavorarlo qualche minuto con le mani, il loro calore lo ammorbidirà in fretta) con lo zucchero a velo fino a renderlo spumoso (velocità bassa…il burro non deve montare troppo, caccerebbe acqua e il lavoro sarebbe perso), unire i tuorli uno per volta e ad assorbimento dell’ultimo unire le polveri, sale compreso.
Formare un impasto sodo che consiglio di appiattire un po  prima della posa in frigo per almeno 45/60 minuti…la solita palla diventa marmo che per riappiattire saremo costretti a rilavorare con il rischio di “riscaldare” l’impasto…e la frolla con il caldo non va per niente d’accordo (si rischia una crostata gommosa e per niente frolla)!
PS. Io non ho aromatizzato la frolla in nessuno modo (anche perché lo zucchero che uso è in un barattolo che contiene non so quante bacche di vaniglia svuotate…per cui è profumatissimo), ma se avessi voluto dare un aroma in particolare: limone, arancia, vaniglia; sarebbe bastato mettere le bucce grattugiate o le bacche insieme al burro (i grassi veicolano gli aromi).

Procedimento per il curd di limone:
Il curd è una crema britannica D-E-L-I-Z-I-O-S-A…ovviamente è  inutile dirlo che più le cose sono buone e più amano restare con noi tra i fianchi, panza e cosce…quindi, si deduce che trattasi di una crema appena appena grassa…e io ho usato una versione veramente light con appena 30gr di burro!!!...non ve lo dico che il grasso può arrivare anche a 120gr (tuorli esclusi!)
E’ una preparazione molto semplice e soprattutto – cosa che io apprezzo molto – può essere fatta in anticipo e si corserva in frigo per un paio di gg (probabile anche di più).
In una scodellina stemperiamo la maizena setacciata (IO SETACCIO TUTTO..anche il lievito) con il succo dei limoni in modo tale -facendolo piano piano - da evitare grumi che con la setosità del curd non ci stanno bene per niente.
In un pentolino con il fondo spesso riscaldiamo le uova sbattute con lo zucchero, appena queste saranno tiepide aggiungiamo il composto di maizena e succo di limone e successivamente il burro a pezzettini e mescoliamo…mescoliamo…mescoliamo… ovunque ho letto “mescolare per 5 minuti”, nonostante in questa ricetta ci sia una “buona” dose di maizena io ho sempre cotto il mio curd per più di 10!
Vi accorgerete che il curd sarà pronto quando avrà innanzitutto una consistenza “vischiosa”e velerà il cucchiaio che si immerge per la prova del 9, una volta cotto si conserva in frigo (dove diventerà decisamente più cremoso) in un barattolo di vetro.

Procedimento per la geleè di fragole (che volendo si può omettere o si può sostituire con fragole a pezzettini fatte macerare con un po di zucchero):
Mettere a bagno la gelatina con 5 volte il suo peso in acqua…5gr di  gelatina (che io riduco a pezzetti) in 25 gr di acqua fredda. Questa è la formula giusta per reidratare la gelatina senza correre il rischio di strizzarla dopo l’ammollo troppo o troppo poco.
Io metto la gelatina a pezzettini in una piccola ciotola, unisco l’acqua fresca e inclino la ciotola mettendole sotto il manico di un mestolo, un tappo…(in modo tale da concentrare acqua e gelatina in un punto solo, vista l’esigua quantità)
Ridurre le fragole a purea con lo zucchero con un frullatore anche a immersione. Metà purea andrà in un pentolino con il fondo spesso sul fuoco a fiamma bassa e in questo scioglieremo la nostra gelatina che verseremo direttamente dalla ciotolina nel pentolino (senza strizzarla!!!).
Quando la gelatina sarà completamente sciolta  nella purea aggiungeremo anche l’altro 50% che avremo avuto cura di tenere a temperatura ambiente (NIENTE FRIGO…se fosse troppo fredda “straccerebbe”la gelatina presente nella prima parte di purea in tanti pezzetti gommosi e antiestetici e bisognerebbe buttare tutto). La geleè è pronta.
Procedimento per la meringa all’italiana:
Negli anni ho imparato che seguire la strada “più lunga” ripaga il nostro impegno e i nostri sacrifici, che le scorciatoie sono utili ed è bene conoscerle ma ci possono privare di un bel panorama e di quella cosa che si chiama “conoscenza”.
Questo per dire che basterebbe prendere 2 albumi a temperatura ambiente, cominciare a montarli con le fruste e unire (dopo che abbiano raggiunto una buona consistenza) lo zucchero per avere la meringa pronta per il nostro dolce. Ma il lieve passaggio in forno (non riesco a scriverlo dopo averla fatta bruciare!!!:-((() non garantirebbe una pastorizzazione degli albumi e mangiare un albume crudo non è proprio una botta di salute, ma comunque non è morto mai nessuno!!
 La meringa all’italiana consiste nel portare l’acqua e lo zucchero, che si saranno trasformati in sciroppo a  una temperatura di 121° …e qui avere un termometro è comodissimo (altrimenti ---cmq il termometro con 15 euro si trova e se uno pasticcia lo usa ECCOME--- portare lo sciroppino a bollore e farlo andare fino a quando intingendo il manico di un cucchiaio di legno ne venga su una goccia che esita a cadere dal manico formando una bolla…oppure prelevare una minuscola goccia di sciroppo e schiacciarlo velocemente tra pollice e indice ritmicamente, se si forma più di un filamento ci siamo…ma francamente non so quanto questi metodi sia precisi…io lo facevo, ma il termometro mi ha portato la luce…).
Una volta portato il nostro sciroppo a cottura lo si dovrà versare a filo sugli albumi già parzialmente montati e si dovrà proseguire con le fruste fino a raffredamento, la meringa avrà alla fine una bellissima consistenza soda e lucida e libera da ogni germe!
Montaggio del dolce:
Foderare lo stampo con la nostra frolla e procedere con una cottura cieca come qui sotto, per 15 minuti circa:



Stendere nel guscio di frolla la geleè a cui ho aggiunto un po di frutti a pezzetti:

Bisognerebbe farla solidificare un po in frigo…io non l’ho fatto (ho usato la scorciatoia appunto) e ho perso il bellissimo effetto a strati che si sarebbe potuto ottenere….
Versarvi sopra il curd di limone e mettere in una sac-a-poche la meringa e decorare (io ho usato una bocchetta St. Honorè e ho fatto un decoro ondulato).
Per finire passare una fiamma di cannello o UN VELOCISSSSSSSIMO (un secondo proprio) PASSAGGIO SOTTO IL GRILL DEL FORNO per dare un tono di color caramello al nostro dolce.
Mamma mia…è dolce un po complesso anche se non sembra…però è BUONISSIMO!

venerdì 2 aprile 2010

Un amore di crostata per il piacere di colleghi (ma non i miei :-P)!!!



Tra le primissime cose che ho provato a preparare quando ho cominciato a pasticciare in cucina c'è senz'altro la pasta frolla...una valanga di fallimenti...
Chi se lo scorda più il 25esimo compleanno di mio marito, a casa di amici, quando una cuoca del tutto imperfetta e soprattuto inesperta, SENZA poter contare sul conforto e aiuto di una benchè misera bilancia  ha provato a fare la classica crostata di frutta...SE LA RICORDANO ANCORA TUTTI!!!

Giuro, m'è riuscito qualcosa d'indefinibile, credo d'aver fatto uno dietro l'altro TUTTI I POSSIBILI ERRORI BASILARI che si possano fare, sia per la frolla che per la crema, risultato???Uno strano disco scuro, biscottato e TOSTO COME UNA PIETRA, da spezzare tipo ultima cena e intingere in una crema pasticcera LENTA COME L'ACQUA...anzi, come il vino....forse c'era qualcosa di Sacro in quel dolce e non lo sapevo...E la frutta???
Niente, la frutta non si poteva accordare in nessumo modo al mio misticismo e ce la siamo dovuta mangiare a pezzi nei bicchieri AHAHAHAHAH!!!Che figuraccia...

Comunque n'è passata di farina sotto le mie mani in dieci anni e dopo una svariata serie di tentativi e fallimenti, dopo un'infinita documentazione sui perchè e i per come della frolla, ora posso dire CHE QUELLO CHE ERA STATO ODIO E PIANTO n tempo è diventato uno dei miei cavalli di battaglia, DATEMELA OGGI LA CASA DEGLI AMICI SENZA BILANCIA, altro chè....!!!

Sulla pasta frolla ho imparato che non ne esiste una sola, ce ne sono diverse (e lo scriveva anche l'Artusi, pensa tu) in base al loro utilizzo. Ci sono paste frolle fini (per pasticcini, biscotti, crostate con ganache) che si ottengono usando lo zucchero a velo e un pò più di burro, frolle più grezze (per la classica crostata di marmellata o della nonna) con lo zucchero semolato, frolle raffinate come ad esempio quella per realizzare gli ovis molis in cui i tuorli dell'uovo vanno uniti sodi (questa è una frolla che ADORO).Per saperne di più però consiglio questo post sulle frolle scritto da Pamir, è perfetto!!!

Ho imparato che la lavorazione della pasta frolla deve essere assolutamente rapida perchè il burro contenuto nell'impasto non deve riscaldarsi troppo, difatti l'impasto NON dovrebbe mai superare i 9° mentre lo si lavora, quindi l'utilizzo delle mani deve essere ridotto al minimo, avantaggiando l'uso di coltelli a lama lunga o cucchiai in metallo per formare "la palla; inoltre la frolla va lavorata pochissimo anche perchè la farina non deve sviluppare il glutine (cosa che di norme è fondamentale per gli impasti lievitati), non dobbiamo ottenere un impasto elastico che dopo la cottura diverebbe come il mio sfresbie di 10 anni fa, duro n'accidenti!

Insomma di cose ne ho imparate e con la frolla mi diverto a provare nuovi biscotti e crostate.

Da anni uso la ricetta de "La frolla perfetta" di Adriano Continisio e mi trovo benissimo, anche se ormai vado un pò a braccio e non rispetto più le sue dosi, il risultato rimane comunque davvero soddisfacente, come per questa crostata che ho preparato l'anno scorso per festeggiare il 34° compleanno di mio marito (tra 'na crostata e l'altra ne è passato di tempo) da portare in ufficio e condividere con in colleghi...ha avuto così tanto successo che a distanza di un anno mio marito me l'ha richiesta e adesso posto la ricetta!

CROSTATA DAL CUORE MORBIDO
 


Per la pasta frolla

360 gr di FARINA 0*
  40 gr di FECOLA*
200 gr di BURRO freddo in pezzi
200 gr di ZUCCHERO A VELO*
2 UOVA
1 pizzico di SALE*
1 punta di cucchiaino di LIEVITO* in polvere

Unire in un recipiente tutte le polveri* e unire il burro a pezzi, cominciare la "sabbiatura" facendo incorporare il burro alle polveri, come se si volesse briciolare insieme burro e farine, il burro piano piano formerà pezzi sempre più piccoli fino a mischiarsi del tutto alle farine, ottenendo un composto simile al pangrattato, bisogna fare in modo che il composto sia della stessa piccola "pezzatura", avere pezzi di burro qui e li non darà buoni risultati!!!

Unire a questo punto le uova e lavorare con un coltello a lama lunga o un cucchiaio di metello in maniera circolare, piano piano il composto si assemblerà sempre più, compattare velocemente con le mani, lavorando un minimo perchè ne risulti comunque un impasto omogeneo e non appiccicoso!!!! Formare una palla da far riposare in frigo per almeno 30 minuti avvolta in pellicola.

Per il ripieno

200 gr di crema di NOCCIOLE (io ho usato la Nutella, che mio marito adora!)
150 gr di PANNA fresca
80 gr MANDORLE tritate grossolanamente

Unire in una ciotola la panna intiepidita, la crema di nocciole (se è molto compatta conviene riscaldarla a bagnomaria) e le mandorle. Ottenere un composto cremoso, se il composto risultasse lento unire ancora della mandorle (tritate più finemente però), al contrario unire un pò più di panna. Putroppo questa è stata per ben due volte una crema estemporanea e ottenuta "a sentimento" quindi le dosi non sono precisissime...ma il risultato è sempre OTTIMO!

Composizione

Prendere la nostra frolla e metterne un terzo nel freezer (c'è scritto freezer, non mi sono rincretinita sbagliata :-P), rivestire con i due terzi una teglia in questa maniera: stendere l'impasto con l'ausilio di due fogli di carta forno, spolverizzandolo con un ADEGUATA dose di farina (in modo tale che non appiccichi nè al foglio di sopra nè a quello di sotto).
Imburrare una teglia tonda e infarinarla, eliminare l'eccesso di farina dalla pasta e arrotolarla delicatemente a un mattarello!!!
ATTENZIONE.La pasta si troverà per pochi secondi arrotolata su se stessa perciò è bene che sia stata infarinata a dovere (SENZA ESAGERARE!!VI ASSICURO CHE SI PUò FARE!!!), poggiare il mattarello ormai "avvolto" dalla frolla sul bordo della teglia (il bordo più lontano a noi!!!!!) e cominciare a srotolare il mattarello verso di se, in modo tale la pasta cada sulla teglia, comprendola.
Con l'aiuto delle mani far aderire meglio l'impaso entro i bordi della teglia e per eliminare la frolla che deborda basterà ripassare il mattarello sulla teglia stessa, in questa maniera avrete un guscio perfetto di frolla e non il collage che può capitare!!!
Punzecchiare il guscio coi rembi di una forchetta, versare la crema e prendere la frolla che avevamo messo nel freezer, questa pezzo di frolla andrà grattuggiato con un grattugia a fori larghi direttamente sulla crema, farne uno strato uniforme e infornare a forno PRERISCALDATO a 180° per una ventina di minuti....ma ogni forno è diverso perciò OCCHIO!!!

lunedì 29 marzo 2010

Tra il Dire e Fare, c'è di mezzo il Gustare: libera ASSOCIAZIONE d'idee!

Erano diversi mesi che stavo cercando nella mia città dei corsi di cucina.

Bari è una città molto grande, assolutamente una città che vive di scambi e commercio che nell'ultimo decennio ha visto fiorire cultura, tendenza e svago, anche se le ultime due sono sicuramente cresciute di più; una città che può comunque offrire parecchio rispetto a molte altre grandi città del sud, perciò mi sembrava impossibile non trovare qualche scuola professionale o qualche associazione dove poter approfondire l'argomento culinario (molto di tendenza negli ultimi anni).

Non qualcosa di estremamente "commerciale", non una cosa della serie "professione domani" (nome inventato eh!!) o roba del genere, associazioni o sedicenti scuole professionali dove l'obiettivo principale è avere il maggior numero d'iscritti a oleare le casse, corsi che in città non mancano.

Io cercavo un luogo dove la cucina, il cibo, la qualità e l'amore per queste tre cose fosse il motore principale e devo dire che ho "girato" e non poco, fino a quando nel blog di Ornella ho trovato un post dedicato all' associazione DireFareGustare, quando ho letto la parola BARI quasi non ci credevo!!

Così ho avuto il piacere di contattare Mara Battista, che insieme ad Angela Giorgio hanno creato l'associazione DireFareGustare (a breve sarà online il nuovo sito), loro sono due simpaticissime signore di mezza età, dovrei dire così, ma il termine non rende giustizia, ne verrebbe meno la loro energia e sfrizzantezza che ha reso le quasi quattro ore passate insieme un qualcosa d'indimenticabile!

Mara e Angela non si definisco assolutamente due insegnanti e ci tengono a precisare che i loro non sono corsi di cucina, ma degli incontri a tema culinario e lasciano spesso lo spazio della meravigliosa cucina bianca (trattasi della cucina di Angela, in cui lei normalmente prepara il caffè per la famiglia) nelle mani di esperti invitati dall'associazione.
Ci sono diversi incontri a tema che spaziano dalla cucina giapponese, uno spledido reportage lo si può trovare nel blog di Anna, al menù di Pasqua e Pasquetta, incontro a cui ho partecipato personalemente.
L'esperienza è stata mistica, consentitemelo, anche perchè avevo perso le speranze di trovare un luogo in cui si parlasse di cucina in maniera sensata e desse un occhio al portafogli (si fa presto a parlare di corsi di cucina, ma spesso hanno prezzi davvero importanti, dei veri e proprio investimenti, almeno per le mie tasche), in questo caso si tratta esattamente d'un rimborso spese e vedendo quello che Mara e Angela hanno preparato (e diciamolo pure...non si definiscono insegnanti, ma hanno anni d'esperienza e sono davvero BRAVE!!) e quello che a fine incontro ci hanno servito: biscottini al formaggio. Sformato di ricotta e carciofi. Saint Honorè alla mousse di tonno. Pennoni ripieni al sugo. Cosciotto d'agnello con patate fondenti.Agnello in fricassea con piselli. Zuccotti di colomba...come non poterne essere grate!!!!

L'unica nota stonata??La mia Nikon che a metà incontro mi ha abbandonata!!!Un ottimo motivo per ripetere l'esperienza a pile cariche però!

sabato 20 marzo 2010

Les macarons, parlavano francese e non ci siamo capiti... :-)


Questa dei macarons rapprensentava per me una piccola sfida, come penso sia per chiunque decida di prepararli per la prima volta, infatti hanno la "pessima" fama di non riuscire al primo colpo, sono dolcetti francesi, con la classe e l'erre moscia, delicati e preziosi (quelli fatti bene, sono meravigliosi, color pastello, fanno commuovere per la bellezza e per le loro rotondità lucide e croccanti).
Dolcetti dispettosi, richiedono dedizione, pazienza e mani esperte...ma io c'ho voluto provare comunque, perchè provando s'impara e perchè come canticchio a Jacopo riprendendo il ritornello di una piccola filastrocca "...in ogni sfida nuova, vince chi ci prova"!!!E IO EBBI A PROVARE!

Adesso guardando la foto in alto si potrebbe evincere che l'esperimento sia andato completamente fallito, beh! certo,se avessi dedicato più tempo a documentarmi e avessi letto a lungo, prima di cuocere i miei dischetti, i preziosi consigli di Maurizio Santin e di Pinella forse avrei avuto un risultato migliore...però di questi macarons non mi lamento, non sono carini (quelli in basso)??Io credo di volergli proprio bene, sono stati davvero coraggiosi a venir fuori dal mio forno con un aspetto decende, a dispetto dei fratelli (quelli a cui ho aggiunto il cacao) che non si sono ribellati al loro destino di mal riusciti, non ho neanche pensato di mangiarli questi eroi bianchi, per rispetto!

Monsieur le MACARON

Di ricette in giro ce ne sono un'infinità, anche se quelli di Mercotte godono d'una fama incredibile anche perchè sui macarons, Mercotte ha persino scritto un libro : "Solution Macarons"!Il titolo è intuitivo,se hanno bisogno di soluzioni, evidentemente creano problemi...giusto, se uno problemi non ne ha, che si metta pure a preparare macarons, giusto per provare l'emozione...

Io ho recuperato la ricetta dal cavoletto, che del libro di Mercotte ne ha scattato le foto, sembra apparentemente semplice sia per ingredienti che per eseguzione, per questo anche se il primo risultato può sembrare disastroso l'invito a riprovare viene da sè.

Allora, io ho usato

80 gr di ALBUMI invecchiati 2 gg in frigo
105 gr di FARINA di MANDORLE
135 gr di ZUCCHERO A VELO (industriale, contente amido)
25 gr di ZUCCHERO SEMOLATO


Vi scrivo l'esecuzione a "crudo", dopo metterò una valanga di post scriptum FONDAMENTALI.
Alors....Passare al mixer la farina di mandorle con lo zucchero e passarli al setaccio, per avere una farina di mandorle e dello zucchero a velo davvero impalpabibili.
Montare le chiare a neve con un pizzico di sale, unire lo zucchero semolato continuando a montare bene.
Unire il composto di zucchero e mandorle alle chiare in due tempi, molto delicatamente, si dovrà ottenere alla fine un composto lucido, omogeneo, che faccia "il nastro".
Prendere una tasca da pasticcere con una bocchetta tonda e formare dei piccoli mucchietti su una placca foderata di carta forno. Farli riposare ancora crudi almeno un ora e cuocere per 10/12 min a forno preriscaldato a 155°.
Una volta cotti, staccarli dalla teglia e guarnirli in maniera classica con creme al burro o ganache al cioccolato (come nel mio caso), però sulle guarnizioni non c'è limite da quello che ho visto e nemmeno sulle varianti della "amaretto meriganto".
Porli farciti su un piatto, ricoprirli con pellicola e porre in frigo per una notte.

Cominciamo con i PS.
1) La farina di mandorle deve essere davvero impalpabile, della polvere di mandorle, io invece ho semplicemente frullato (NON HO UN ROBOT DA CUCINA, VI PARE POSSIBILE????), le mandorle con lo zucchero a velo e per quanta pazienza e volonta ci abbia messo NON ho ottenuto la farina di mandorle che necessita la ricetta. Questo a determinato un composto non liscio e le foto sono molto clementi, perchè il risulta è davvero ruvido.

2)I mucchietti devono essere ben distanziati perchè quando sono a riposo prima d'infornarli si allargano parecchio, questa attesa è un passaggio che io ho omesso, l'ho letto dopo che questa fase di "essicazione" dovrebbe evitare la screpolature dei macarons in cottura.La prossima volta li faccio riposare ben bene.

3) Sulle temperature e le modalità di cottura ho letto cose diverse tra loro, chi li mette a 140° per tot minuti e poi abbassa la temperatura, chi consiglia una temperatura costante di 155°, si consiglia anche di utilizzare un doppia teglia in cottura (perchè il calore della teglia è più forte in questo???può essere???non lo so), chi cuoce per non più di 10 minuti, chi 15 minuti...io sono andata a "sentimento" e ho cotto a 155° per un quarto d'ora.

Sui macarons c'è un universo da sapere.Io comincio con queste poche cose, ma ogni contributo sarà prezioso.


mercoledì 17 marzo 2010

Torrette al gianduja.Improvvisazione perfettamente riuscita.


Se non si fosse capito, la cuoca imperfetta ha una perfetta predilezione, per i dolci, certo questo s'era capito, ma la sua è una predilezione nera e intensa, una predilezione per la tavoletta, ma se c'è da sporcarsi le dita con qualsiasi versione cremosa non disdegna, anzi...La sua è una vera devozione di quelle che andrebbero premiate per la costanza e l'impegno, perchè è almeno un quarto di secolo che annusa, degusta, venera la tentazione in persona : il cioccolato!

Veramente potrei definire il cioccolato la mia vera e unica droga, credo che potrei stare tranquillamente settimane senza neanche pensarci alla pasta se mi fosse negata, potrei persino dimenticarmi la pizza, ma senza cioccolato MAI!!!E per favore non parlatemi di Roches o similari (comunque non dico di no neanche a quelli), il cioccolato che mi rilassa e mi fa bene è NERO, AMARO, PROFUMATO, FONDENTE e diciamo almeno al 70% di massa di cacao...il mio psicofarmaco per elezione!Toglietemi tutto, ma non...

Per moltissimo tempo sono stata integralista convinta nei confronti del cioccolato: o fondente o non se ne parla; non scherzo se dico che per anni non ho assaggiato del cioccolato a latte o del gianduja, anzi proprio quest'ultimo m'è sempre stato sul naso, forse colpa di orribili giandujotti che mia madre comprava di infima qualità, dolcissimi, immangiabili (da dirlo io!!!) che forse non solo non contenevano vere nocciole piemotesi DOC, ma anzi è probabile non contenessero proprio nocciole....fatto sta che per anni ho snobbato il classico cioccolatino dorato dal gusto di Piemonte e similari.
In questi ultimi anni però mi sono ammorbidita e forse è cresciuta anche la mia curiosità culinaria, pertanto s'è vero che il primo amore non si scorda mai, bisogno sempre lasciare spazio e possibilità ai prentendenti che verranno...

Come in questo caso, in cui per una cena con amici ho sperimentato questo dolce da servire fresco fresco tutto nocciola e cioccolato che è andato un milione di volte oltre le mie più rosee aspettative (proprio mentre li tuffavo nella granella di nocciole mi sano domandata cento volte "Ma, sacch'stu dolc, avà piacè???"...scusate ma certe volte penso in barese, è la mia terra!!).Comunque il dolce è piaciuto. A me TANTISSIMO!

TORRETTE AL GIANDUJA


In principio doveva trattarsi semplicemente del dolce di cioccolato e mandorle (che io ho trasformato in cioccolato e nocciole) tratta dal libro "Cioccolato" di Trish Deseine, una di quelle torte crostolose fuori e fondenti e morbide dentro (in alcuni casi trattasi di un interno "crudo e godurioso"...mamma se è godurioso!!!) da fare il giorno prima, cosa che non solo fa bene alla torta, fa bene agli ospiti che la mangeranno con più gusto e fa bene anche alla brava padrona di casa che avrà un pensiero in meno il giorno del pranzo o della cena.
Così m'ero anticipata il mio bel dolcetto il venerdì per il sabato, ma poi il sabato pomeriggio verso le 15.00 m'ha colto uno improvviso prurito alle mani che m'hanno portato, quasi in trance, a prendere la mia bella torta e a farla in tanti pezzetti alti e piccoli con un coltellaccio, pezzetti che ho spalmato con un'improbabile e improvvisata crema fredda alla crema di nocciole e formaggio e affondato nella granella di nocciole!Dopo qualche ora di frigo sono diventante BUONISSIME!!!

Per la base (Dolce di cioccolato e mandorle di Trish Deseine)

200 gr di cioccolato fondente a piccoli pezzi
5 tuorli
5 albumi
180 gr di zucchero (io ho usato dello zucchero di canna mascobado e dopo la cottura si sentiva!!!!)
100 gr di farina di mandorle (io solo nocciole)
75 gr di farina
1 cucchiaino di lievito

Far sciogliere il cioccolato a bagnomaria con il burro in pezzi, togliere dal fuoco, aggiungere i tuorli e poi lo zucchero, aggiungere le mandorle, il lievito e la farina setacciati insieme e lavorare (l'autrice dice che può andare anche tutto nel mixer, io come al solito vado di frusta a mano), unire in tre riprese gli albumi montati a neve.
Quando anche gli albumi risultano ben incorporati, imburrare una teglia da 24 cm (erano abbastanza alte le mie torrette, se dovessi rifarla credo che andrebbe bene anche una teglia da 28 cm), infornata a 180° (FORNO PRERISCALDATOOOOOOO!!!!) per circa una 50ina di minuti, a cottura terminata far intiepidire la torta e sformarla.

Per la crema nocciole/formaggio

Crema di nocciole 150 gr circa (io ho usato una crema Bio che stanziava da un pò in dispensa)
Formaggio fresco spalmabile 100 gr

In una ciotola lavorare la crema di nocciole con il formaggio fresco (io ho riscaldato un pò la crema di nocciole a bagnomaria, anche se era abbastanza cremosa già di suo, ma il formaggio non era spalmabilissimo e avevo paura che mi facesse grumi, scaldare il formaggio mi convinceva poco, perciò ho scaldato la crema e il "calore" della crema alla nocciala ha fatto il suo dovere!!!), lavorarli bene con una spatola fino ad ottenere una consistenza molto cremosa, in caso aggiungere qualche goccia di latte o panna.

Composizione

Tagliare a quadrotti la base al cioccolato, spalmare il lati con la crema e tuffarli nella granella di nocciole, decorare con della crema  anche la parte sovrastante delle torrette e ripetere fino a esaurimento del dei pezzetti di base, mettere in frigo per qualche ora, il passaggio in frigo a mio parere fa un enorme differenza!!!